Chi sono


Sono nata e vivo in Emilia Romagna, di cui mi sento orgogliosamente figlia.

Sono stata una scolara entusiasta e una studentessa curiosa; da sempre sono una lettrice appassionata.

Dai dodici ai venticinque anni ho giocato a pallavolo, con risultati dignitosi e molto divertimento.

Ho un marito, due figli, tre lauree e nessun animale domestico, anche se un gatto mi piacerebbe.

Dopo il liceo classico mi sono laureata in Giurisprudenza. Più avanti ci sono state altre due lauree, in Scienze dell’amministrazione dei servizi sociali e sanitari e in Scienze pedagogiche. Ho inoltre frequentato per diversi anni una scuola di psicoterapia sistemico-relazionale dove ho conseguito i titoli di mediatrice familiare, di counselor professionista, di formatrice di mediazione sistemica. Ho molte curiosità e mi piace approfondire.

Ho lavorato presso l’ufficio legale di una banca, ma mi sentivo fuori posto; sono stata docente di diritto ed economia e poi dirigente nella Pubblica Amministrazione locale, dove mi sono occupata di servizi educativi, culturali, sportivi e sociali, con incarichi in diversi enti, tra le province di Modena e Bologna. Ho svolto l’attività di mediatrice familiare e counselor, nell’ambito di progetti di aiuto individuale e di coppia.

Mi interessano le vicende umane, l’arte, la storia. Mi annoio facilmente e mi piace cambiare. Leggo molto e, ultimamente, scrivo.

Nel 2018 ho pubblicato il mio primo romanzo, “Il canto dell’oca”, e, nel 2022, il secondo, “Quartetto per voci soliste”, il terzo è in lavorazione.

Se disegnassi bene, mi rappresenterei col casco da esploratrice in testa e il binocolo puntato verso l’orizzonte, seduta su una pila di libri.

Come sempre, anche oggi, non so cosa farò da grande.


Cosa ci faccio qui

«Mamma, mi annoio» mi capitava di dire da piccola. E lei, invariabilmente: «Prendi un libro.»

È cominciata così. Avevo libero accesso alla libreria di casa, senza censure; ho letto romanzi per cui non avevo l’età, altri che, da adulta, non avrei mai scelto. Ma i più mi hanno appassionato.  Alcuni mi hanno cambiato la vita. Tutti mi hanno lasciato qualcosa e oggi, in qualche modo, fanno parte di me.

Sono stata una bambina saltellante, ma anche una scolara entusiasta e una lettrice accanita. Sono un meccanismo di modeste dimensioni dotato di una batteria super potente. Il surplus di energia può generare saltelli e movimento, oppure pensieri e parole. Col passare degli anni, riducendosi i saltelli, sono aumentate le parole: pensate, dette, lette, scritte.

Quando ho scoperto che ci sono persone che pensano per immagini, senza didascalie, ho provato un inquietante senso di alienità e prodotto un incalcolabile numero di parole pensate in difesa dei cervelli come il mio.

Non sono affatto una chiacchierona, anche se amo le parole; il fatto è che la mia mente si quieta solo nel sonno, ma durante la veglia produce continuamente pensieri e i miei pensieri sono parole.

La situazione è aggravata dal fatto che, nel tempo, non so come, mediante una meiosi sui generis, ho germinato cellule specializzate in alcune sfaccettature del mio carattere, e così, dentro la mia testa, non ci sono solo io, ma un sacco di altre me, tutte rigorosamente parlanti, che raramente si trovano d’accordo su qualcosa, generando una sorta di talk show interiore che da tempo ho rinunciato a moderare. Non so se rendo l’idea.

Ovviamente, a più riprese, ho sperimentato pratiche di fronteggiamento del problema, quali meditazione e simili, nell’ingenuo tentativo di arginare il fiume di parole pensate, ma ho fallito miseramente: il silenzio dentro di me rimane una chimera. Restano da testare l’ipnosi e il coma farmacologico.

Così, dopo aver variamente dirottato nello studio e nella vita professionale questa mia inclinazione alle parole, ho pensato che sarebbe stato un bel gesto condividere la mia abbondanza con chi, di passaggio, volesse fermarsi qualche minuto insieme a me.

Infine, non posso tacere delle sollecitazioni esterne. Occorre premettere che, conscia delle condizioni di sovraffollamento della mia testa, pur nell’inconsapevolezza della giovane età, ho scelto, a suo tempo, un compagno di vita gloriosamente complementare e praticamente muto. Non è diventato taciturno per colpa mia, sia ben chiaro, era già così quando l’ho conosciuto: è capace di dire due parole in un giorno ed essere felice. Da sempre sospetto che appartenga alla specie di chi pensa per immagini, ma, data la sua scarsa inclinazione allo scambio verbale, non me l’ha mai detto. Così, quando, con un numero di parole per lui inusuale, mi ha fatto notare che parlare con la TV, durante il telegiornale, è un segno inequivocabile di declino cognitivo precoce, mi sono allarmata e ho capito ch’era giunto il momento di aprire un Blog.