Il dono di Iris


Una storia che ha la leggerezza della fiaba e la profondità dei temi senza tempo, raccontata con toni lievi, spesso divertiti, talvolta surreali, sullo sfondo della provincia italiana degli anni tra il dopoguerra e il boom.


Premessa

La deferenza e l’incanto con cui, da sempre, frequento la letteratura in qualità di lettrice appassionata, mi rendono una scrittrice pavida, con acuta predisposizione all’autosabotaggio e al giudizio censorio autocastrante. I miei cimenti di scrittura sono perciò, prima di tutto, esperienze esistenziali classificabili alternativamente come atti di coraggio ed espressione di sé, o come sconsiderati gesti di hybris letteraria, a seconda delle oscillazioni instabili del mio pendolo interiore. In riferimento al mio terzo romanzo, al descritto traballante intento si aggiunge quel perseverare diabolico, di latina saggezza, che certo non è di buon augurio. Si potrebbe chiedere perché ostinarsi nonostante tanta incertezza e vorrei rispondere che è l’insistenza della Musa a non darmi tregua, ma preferisco citare, non senza una punta di speranza, Alessandro Baricco in Novecento, quando dice che “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.” E così l’ho rifatto. Un altro libro.

Tempo e luogo

Mi affascinano gli anni Cinquanta del Novecento, un tempo di mezzo tra antico e moderno, tra l’Italia povera e rurale del dopoguerra e il boom economico, un tempo che immagino sempre in bianco e nero, ancora pervaso dal conformismo del ventennio fascista, ma già gravido dei grandi cambiamenti politici, economici e sociali che caratterizzeranno gli anni successivi. La prospettiva che mi interessa non è quella del sistema Italia, ma quella quotidiana della vita delle persone, quella che ho conosciuto attraverso i racconti, i ricordi, le fotografie di mia madre e di sua madre, perché sono sempre le donne che, intrecciando storie, tramandano la memoria del tempo. Attraverso i loro sguardi e le loro voci, ho scoperto la rinnovata fiducia nel futuro di quegli anni, la ricostruzione, la ripresa economica, la mitizzazione dell’America e del suo Piano Marshall, i primi passi della giovane Repubblica e della sua Costituzione, il voto alle donne, l’avvento del consumismo e di un benessere sconosciuto, la possibilità di immaginare nuovi stili di vita. Ma anche un vecchio mondo da lasciare indietro, con tutta la resistenza e l’ostilità di un conservatorismo radicato, rurale e povero, di un analfabetismo diffuso, di una concezione arcaica della società e del ruolo femminile. Un’epoca in fermento, uno spartiacque, un crocevia della storia in cui collocare un racconto che è esso stesso metafora dei tempi che cambiano. In quegli anni, i sistemi urbani e rurali di anteguerra cambiano. Lo sviluppo industriale e la modernizzazione della produzione agricola, portano a un differente impiego della manodopera e del territorio, con espulsione dei lavoratori dalle campagne e attrazione verso la città. Case sempre più accoglienti attirano le persone verso lo spazio interno, a discapito dello spazio pubblico e delle relazioni che lì s’intrecciavano in passato; la trasformazione che ha luogo nell’economia e nel territorio, si traduce in mutamento sociale e culturale. Le vicende che racconto sono ambientate nei primi anni Cinquanta, in una piccola città del Nord Italia, dove il centro urbano si sta ampliando mangiandosi la campagna, ma dove resiste un grande spazio verde, con piante, grandi alberi e il fiume, un luogo simbolo, che rappresenta la radice arcaica e rurale che ha plasmato quella terra e i suoi abitanti, con modelli di socializzazione, parentela e tradizioni che ora vengono lasciati indietro.

Ma, nel racconto, la natura non fa solo da sfondo, al contrario è protagonista, perché la sua forza, la sua magia e il retaggio culturale che esprime sono l’eredità familiare con cui la protagonista deve fare i conti, con l’orgoglio dell’appartenenza, ma anche con lo sguardo verso il mondo che sarà.

La sinossi

Una storia che ha la leggerezza della fiaba e la profondità dei temi senza tempo, raccontata con toni lievi, spesso divertiti, talvolta surreali, sullo sfondo della provincia italiana degli anni tra il dopoguerra e il boom.

Nell’Italia democristiana e cattolica dei primi anni Cinquanta, un tempo di mezzo tra antico e moderno, tra un’Italia povera e rurale e un mondo nuovo che appare all’orizzonte, la protagonista è Teodora, insegnante per vocazione alla soglia dei trent’anni, idealista, anticonformista e refrattaria alle insistenze della madre che le cerca marito; vive sola e non rinuncia a inseguire i suoi sogni di indipendenza, nonostante l’ostilità di una società chiusa e tradizionalista. Da nonna Iris ha ereditato una sapienza antica, che la lega alla magia della natura e all’ancestrale potere del femminile, mediante la divinazione e la premonizione onirica. Vive in un crocevia fra città e campagna ed è lei stessa divisa fra la cultura arcaica che la lega al passato e il nuovo mondo che avanza, trascinandosi vecchi pregiudizi, ma lasciando presagire l’avvento di nuove libertà, anche per le donne. Un fatto di sangue avvenuto in città, coinvolge Teodora, il bibliotecario Pietro e i suoi amici; per la protagonista che, con la sua intraprendenza, riuscirà a evitare un clamoroso errore giudiziario, sarà l’occasione per sperimentare i suoi doni e per interrogarsi sul futuro che desidera.

Un ritratto realistico della provincia italiana del tempo, dei sogni e dei condizionamenti delle ragazze di allora, un giallo che si dipana in un’atmosfera di realismo magico senza perdere coerenza e verosimiglianza, una protagonista in cui arcane suggestioni metastoriche si uniscono a una fiera coscienza protofemminista che attraversa, come un filo rosso, l’intera narrazione.

La protagonista

Teodora Villasanta, non lontana dai trent’anni, maestra precaria ma appassionata, dedita a bambini con difficoltà, anticonformista e idealista, è in aperto contrasto con lo spirito del tempo, che vorrebbe la donna angelo del focolare, relegata tra le mura di casa. La madre non si dà pace di saperla nubile, mentre il padre dà credito ai sogni della figlia, che vuole essere indipendente e vivere del proprio lavoro. Nelle vene di Teodora scorre il sangue della nonna, dalla quale ha ereditato un dono potente e antico, legato alla natura e alla sua magia, alle premonizioni oniriche e alla divinazione, un dono che da un lato la rende orgogliosa, dall’altro la lascia perplessa, in ogni caso la induce al segreto. Il suo rapporto con gli uomini è ancora in costruzione: ama sentirsi rispettata e trattata alla pari, apprezza la cultura e le affinità intellettuali, e i suoi sensi le mandano chiari segnali di rispondenza al fascino maschile; tuttavia si trattiene, spaventata all’idea che anche l’uomo più progressista possa alla fine chiuderla in gabbia.

Gli uomini

I personaggi maschili che affiancano Teodora sono Pietro e Brando, che, pur accomunati dal fascino che esercitano su di lei, e del quale peraltro sono entrambi del tutto all’oscuro, per il resto non potrebbero essere più diversi. Pietro ha gli occhi d’oro dei gatti e le mani lunghe da pianista, unisce interessi intellettuali e passione civile, fa con entusiasmo il bibliotecario e scrive: un saggio che non vede mai la luce e qualche articolo sul giornale locale.

Brando è bello come un dio greco, e come un dio greco è distante e irraggiungibile; taciturno e schivo, ha un passato epico nella Resistenza, ma di lui in realtà si sa ben poco; è falegname e carpentiere, ineguagliabile nell’intaglio del legno e nella danza, anche se non sembrerebbe il tipo.

Entrambi stanno alla larga dai luoghi più frequentati della città, il circolo, la chiesa, le case chiuse; entrambi, nonostante abbiano passato la trentina, non hanno moglie e questo, all’epoca, non è un buon segno, come una cosa rotta che bisogna aggiustare.

Io e Teodora

Mi è capitato più di una volta di sentir dire da uno scrittore come i personaggi delle sue storie vivano di una vita propria, come veri esseri umani indipendenti, e ammetto di averla spesso giudicata un’affermazione un po’ sopra le righe. Invece, con Teodora, è stato proprio così: lei è venuta a trovarmi alla fine della pandemia, forse frutto di un certo bisogno di leggerezza, e me la sono ritrovata nella mente già del tutto formata, con un’immagine e un carattere definiti, piuttosto insistente nell’attirare la mia attenzione. Ci siamo piaciute, e ho iniziato a scrivere di lei. Il tempo della sua storia mi ha permesso di rovistare fra i ricordi di mia madre, le foto, le storie di famiglia. Il mio intento era un racconto lieve, fiabesco e grande è stato il mio stupore quando il giudizio professionale dei primi lettori è stato invece molto diverso, con aggettivi come “potente e significativo” e infine la scelta dell’editore di pubblicare il romanzo nella collana Le Giraffe Bianche, quelle che “si nutrono dei fogli più alti”. Non posso che prenderlo come un complimento. Del resto è sempre difficile giudicare le proprie creature. In conclusione, spero che una cosa non escluda l’altra, perché lieve e potente insieme sarebbe perfetto. Comunque sia, mi auguro che Teodora possa conquistare tutti quelli che saranno curiosi di leggere di lei.


Intervista all’autrice

di Maria Laura Zazza

Raccontaci come nasce Il dono di Iris e quale è stata l’ispirazione principale da cui è scaturita la storia

Ho sentito spesso gli scrittori parlare dei propri personaggi come di creature dotate di una vita propria, e l’ho sempre trovata un’affermazione un po’ sopra le righe. Invece, con Teodora, la mia protagonista, è stato proprio così: lei è venuta a trovarmi alla fine della pandemia, forse frutto di un certo bisogno di leggerezza, e me la sono ritrovata nella mente già del tutto formata, con un’immagine e un carattere definiti, piuttosto insistente nell’attirare la mia attenzione.

Recensione

di Maria Laura Zazza

Il dono di Iris è un romanzo incentrato sulla figura della giovane e anticonformista Teodora, determinata a realizzare la propria vita all’interno di una società ancora troppo legata al rispetto di ruoli prestabiliti. Una storia delicata ma vigorosa capace di alternare la leggerezza alla riflessione dei temi senza tempo, in cui l’analisi e la critica sociale vengono affrontate attraverso lo sguardo sensibile e acuto della protagonista, senza rendere pesante la lettura e prendere il sopravvento sulla storia.