Il colibrì


Durante le mie vacanze lucane, ho letto. Privilegiando, come sempre quando sono in giro, l’audiolibro. Così, quasi per caso, ho scelto “Il colibrì” di Sandro Veronesi, premio Strega 2020, autore di cui non avevo letto nulla. E sono rimasta irretita, è la parola giusta. Parte del merito va certamente all’interpretazione (perché chiamarla lettura sarebbe riduttivo) di Fabrizio Gifuni, (l’Aldo Moro di “Esterno notte” di Marco Bellocchio, per intenderci), un attore straordinario. Sia stata la voce o il libro o, più facilmente, tutti e due, “Il colibrì” mi ha conquistato. Avevo visto il film, con un ottimo Pierfrancesco Favino, ma il libro è meglio: c’è la storia, certo, la capacità di parlare di amore, di morte, di legami, di perdita, ma c’è soprattutto una struttura originale, con salti temporali e diversi punti di vista che tengono avvinto chi legge, tra scambi epistolari, mail, messaggi, ricordi, elenchi e narrazione in terza persona: una pluralità di voci che costruiscono, con precisione di dettaglio, personaggi e vicende come fossero veri. Non riuscivo a staccarmi, nonostante le seduzioni della terra e del mare della Basilicata tutt’intorno a me.

Quando sono arrivata alla fine, sentendomi orfana, ho subito iniziato “Caos calmo”, sempre di Veronesi, letto, questa volta, dall’autore stesso, anch’esso premio Strega del 2006, se non sbaglio. Anche in questo caso avevo visto il film, ma confesso che lo ricordavo poco. E anche questo romanzo mi ha coinvolto fino all’ultima riga; anche qui la morte è l’argomento centrale di cui non si parla mai.

Veronesi scrive semplicemente da dio, una scrittura asciutta e incisiva, colloquiale ma raffinata, che trasporta il lettore dentro la storia. Da non perdere.