Caos, cosmo e la stella danzante


“In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto.”
(Carl Gustav Jung)

“Dunque per primo fu Caos, e poi
Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo, […]”
(Esiodo, Teogonia, 700 a.C.)

La Teogonia di Esiodo, composta da 1022 versi esametri in greco antico, è un poema in cui è narrata la storia e la genealogia degli dèi greci e, con essi, l’origine dell’universo attraverso i miti, di cui l’opera costituisce una fonte fondamentale.

Il Caos di cui parla Esiodo risulta essere, nella mitologia degli antichi Greci, la personificazione dello stato primordiale di vuoto, il buio anteriore alla generazione del Cosmo da cui emersero gli dèi e gli uomini, una specie di gorgo nero che risucchia ogni cosa in un abisso senza fine.

Il termine Caos, in greco, condivide la radice linguistica con verbi che significano “essere aperto, essere spalancato” e con il sostantivo che significa “voragine”, “lacuna”, rimandando all’idea di un vuoto immenso aperto sul nulla.

In origine, dunque, era il vuoto poi, dopo Caos, sorse l’immortale Gaia, la Terra, progenitrice degli dèi dell’Olimpo; senza congiungersi con nessuno, Gaia generò Urano, che significa Cielo stellato, e poi i monti, le ninfe dei monti e Ponto, ovvero il Mare; dall’unione di Gaia e Urano, nacquero poi i Titani, i Ciclopi, i Centimani, creature mostruose e primitive.

L’instaurazione dell’ordine dal Caos primigenio avviene attraverso battaglie e atti generativi, che portano alla sconfitta delle creature primordiali, figlie del Caos, e alla vittoria di una divinità, che è poi riconosciuta come la principale del pantheon a cui appartiene. Nella mitologia greca, il primato di Zeus si affermerà solo al termine di un lungo tempo di lotte e il suo regno coinciderà con l’affermarsi del Cosmo, ovvero il tempo dell’ordine, dell’equilibrio e dell’armonia.

La parola Cosmo, infatti, deriva da un termine che in greco antico significa ordine, armonia, bellezza.

Ma il concetto di Caos non appartiene solo alla mitologia più antica, lo ritroviamo infatti anche nella cultura greca successiva, nelle più sofisticate dottrine filosofiche che si sono interrogate sull’origine dell’universo: per Anassagora come per Platone, il Caos è il luogo della materia informe e rozza a cui un principio superiore, identificato nella Mente per Anassagora e nel Demiurgo per Platone, dà forma per la costruzione del mondo ordinato.

Nello spirito greco, perciò, la creazione del mondo non avviene dal nulla, come nella dottrina cristiana, ma come nascita dell’Ordine dal Caos, e il Caos non viene definitivamente superato con l’avvento del Cosmo, ma, al contrario, continua a esistere come casualità indifferenziata e distruttrice.  

Il Caos rappresenta l’irrazionale, il disordine, la follia, contrapposto alla razionalità, all’ordine e all’armonia, e rimane nella storia dell’uomo, come forma cupa e terrificante, portatrice di dissennatezza e violenza, ma anche come esperienza sacra e iniziatica di contatto con la divinità mediante i riti misterici, come quelli dionisiaco-bacchici con le loro sfrenatezze, poiché il dio può ispirare, ma anche confondere l’uomo, facendolo precipitare nell’irrazionale primigenio.

Ordine e caos sono stati oggetto, nel tempo, di speculazioni scientifiche, letterarie, filosofiche e artistiche. Forse, più di ogni altro pensatore, è stato Friedrich Nietzsche ad approfondire l’argomento. Ordine e caos non solo governano l’universo, ma la natura umana. Il filosofo tedesco, per sottolinearlo, introdusse i concetti di spirito apollineo e spirito dionisiaco.

Il binomio nietzschiano apollineo/dionisiaco, conferma la teoria che il caos non è mai superato del tutto, ma va tenuto in equilibrio costantemente. Tra le dodici divinità olimpiche principali, quelle che la visione greca più strettamente collega alla sapienza sono Apollo e Dioniso.

Apollo è il dio della divinazione per eccellenza e il suo santuario a Delfi è il centro spirituale della grecità. Dioniso invece è il dio dell’ebbrezza e della vita stessa nella sua immediatezza: guida gli uomini attraverso i miti orfici, riservati a pochi iniziati, che devono raggiungere l’unione col dio attraverso l’estasi mistica.

Lo spirito apollineo – l’ordine – rappresenta la razionalità, la luminosità, l’armonia e, senza questo, nell’uomo avverrebbe un’esplosione di emozioni incontrollate e incontrollabili; è il tentativo di spiegare la realtà tramite costruzioni mentali ordinate, negando il caos, che tuttavia è un aspetto del reale, e reprimendo così l’essenziale dinamismo della vita.

Lo spirito dionisiaco – il caos – rappresenta l’irrazionalità, l’oscurità, ma anche la creatività; è l’esaltazione delle pulsioni energetiche, della salute, della giovinezza e della passione sessuale: in altre parole, esprime una modalità di relazione vitalistica con la realtà.

Dentro la lotta tra caos e cosmo abita necessariamente l’uomo, animale in eterno conflitto tra l’infinito e il finito, che continuamente oscilla tra la ricerca dell’ordine e il fascino del caos.

Nell’“Etica Nicomachea”, Aristotele, parlando di virtù umana, la definisce come punto di equilibro tra due opposti errori, l’uno dei quali pecca per difetto e l’altro per eccesso. Si tratta di un equilibrio difficile, che lo stesso Aristotele riconosce come tale, giacché non è agevole praticare quella che i Greci chiamavano mesòtes e i Romani medíetas o mediócritas, il raggiungimento cioè del giusto mezzo tra due opposti, l’equilibrio.

Nietzsche impiegò l’antitesi apollineo/dionisiaco nell’opera “La nascita della tragedia” del 1872, per illustrare i due impulsi essenziali dai quali nacque, secondo la sua teoria, la tragedia attica, che viene definita “opera artistica altrettanto dionisiaca quanto apollinea”.

La straordinaria forza vitale della tragedia greca antica deriva, secondo Nietzsche, proprio da questa antitesi: nelle tragedie di Eschilo e Sofocle sarebbe infatti avvenuto il miracolo dell’unione tra l’entusiastica accettazione della vita che si esprime nell’ebbrezza creativa e nella passione sensuale (elemento dionisiaco) e il tentativo di risolvere e superare il caos in forme limpide e armoniche (elemento apollineo).

Ma il miracolo, secondo Nietzsche, durò poco, poiché, già a partire da Socrate, prevalse nella cultura greca l’atteggiamento apollineo, ossia l’incapacità di sostenere la tragica realtà della vita – con i suoi dolori, le sue assurdità, le sue insensatezze – e il desiderio di rappresentarsela come una vicenda ordinata, razionale, dotata di senso.

La perdita dell’elemento dionisiaco è all’origine, secondo il filosofo tedesco, della decadenza del mondo occidentale, che trova espressione nell’allontanamento dai valori vitali di bellezza, salute, forza, potenza e nella lunga serie di menzogne (la più grande delle quali è Dio) con cui gli uomini hanno ingannato sé stessi per secoli.

Nel Prologo di “Così parlò Zarathustra” (1883-1885), Nietzsche sostiene la necessità per l’uomo di riconoscere e recuperare l’elemento dionisiaco, esprimendo l’idea con un’immagine potente e di rara poesia, di cui la cultura pop si è da lungo tempo impadronita, purtroppo banalizzandola: “Bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante”, come dire che dobbiamo accettare il disordine e la casualità del mondo, se vogliamo creare la nostra vita e noi stessi come qualcosa di unico e grandioso.


Tutto il mio essere ruota
frenetico
attorno ad una solitaria stella danzante
che irradia
la sua sardonica lucentezza
pugnalando
le mie cieche pupille
da tempo oramai assuefatte
all’avvolgente sicurezza
delle tenebre.

(“Una solitaria stella danzante” – Saffo 630/570 a.C. circa)