Se esiste un perdono


Il romanzo racconta l’impresa di tre britannici realmente esistiti, sir Nicholas Winton, Doreen Warriner e Trevor Chadwick, i quali, nelle tre settimane precedenti l’invasione nazista della Cecoslovacchia, nel marzo 1939, rischiarono la vita per salvare il maggior numero possibile di bambini, in gran parte ebrei. I fatti rimasero nell’ombra fino al 1988, quando la moglie di Winton, per caso, scoprì un vecchio elenco con nomi e foto di quasi settecento bambini cecoslovacchi, che suo marito aveva salvato dai nazisti, organizzando numerosi viaggi in treno per portarli da Praga in Gran Bretagna, dove furono adottati da famiglie inglesi.

La storia si svolge tra il 1938 e il 1939, dopo la Conferenza di Monaco e l’annessione alla Germania, affamata di Lebensraum, della regione cecoslovacca dei Sudeti, con popolazione di prevalente lingua germanica. Il luogo dove si svolgono i fatti è la città di Praga, che vive sospesa, in attesa di un futuro incerto e terribile di guerra, già lacerata tra chi odia i tedeschi invasori e chi, invece, li chiama liberatori e si illude di un destino di gloria o, più prosaicamente, si arrende ai nuovi padroni, disposto alla collaborazione.

Qui arriva Nicholas Winton, di origini ebraiche, e si unisce a Doreen Warriner, già operativa da mesi, nella raccolta delle domande di espatrio, nell’organizzazione della documentazione e dei viaggi, nella ricerca delle famiglie affidatarie a Londra, mediante una rete di conoscenze e di diplomazia, che si fa ogni giorno più fragile e pericolosa, per l’aggravarsi dell’occupazione e per il rischio, sempre più alto, di delazione. Con loro collabora anche Trevor Chadwick.

Fin qui i fatti storici, a cui si intrecciano la vicenda letteraria di Petra, voce narrante, che nei disordini dell’occupazione ha perduto il compagno e il bambino che aspettava e collabora con gli inglesi, incapace di immaginarsi un futuro; e quella della Bambina del Sale, creatura quasi fiabesca, che esce soltanto quando fa buio e si ferma ogni notte a un angolo diverso, per scambiare con una moneta i suoi sacchetti azzurrini che contengono una manciata di sale, da tempo introvabile in città.

Nessuno conosce il suo nome, né come si procura la sua merce, a nessuno dà confidenza e scompare sempre prima dell’alba. Una figurina di infinita poesia, una bambina, come gli altri, da salvare, che invece innesca, suo malgrado, una sorta di filone thriller che attraversa il romanzo, in quanto perseguitata da un violento e gigantesco nazista intenzionato a vendicarsi di lei, rea di averlo beffato al loro primo incontro, e di essergli avventurosamente sfuggita dalle mani.

L’opera degli inglesi si conclude inevitabilmente quando, con l’invasione della Polonia, ha inizio il secondo conflitto mondiale e vengono chiuse le frontiere della Germania; non saranno possibili altri treni per portare in salvo altri bambini e i tre dovranno far ritorno in Gran Bretagna; un’ultima affannata partenza metterà Petra davanti a scelte difficili e lascerà aperta una porta sul futuro della Bambina del Sale.

Con “Se esiste un perdono”, Fabiano Massimi rende omaggio a Nicholas Winton ma anche a Doreen Warriner e Trevor Chadwick che per troppi decenni sono rimasti, e in parte ancora sono a causa della scarsità di notizie, sconosciuti al grande pubblico per il ruolo di giusti svolto per mettere in salvo i più deboli dal furore nazista. Non si tratta di un’opera di fantasia, ma dell’accurata e documentata ricostruzione di una delle epoche più buie della nostra storia recente, nella quale si innestano le vicende letterarie dei due personaggi inventati, Petra e la Bambina del Sale, i cui percorsi si intrecciano fino all’epilogo.

I personaggi, quelli realmente esistiti e rivisitati, e quelli creati dall’invenzione letteraria, sono ben costruiti e curati, sia che si tratti dei protagonisti positivi, uomini e donne che hanno avuto il coraggio di fare la differenza, sia che si tratti della feccia dell’epoca, gli occupanti nazisti.

Quando si uniscono realtà e fantasia, il rischio è che i due elementi non leghino armoniosamente fra loro. In questo caso, la prova mi pare brillantemente superata: la vicenda della Bambina del sale si innesta nel contesto più generale della messa in salvo dei piccoli ebrei come un racconto distinto, ma la sua dimensione quasi fiabesca la rende metafora perfetta  della purezza e della fragilità degli innocenti, prime vittime della ferocia cieca degli aggressori, mentre appare e scompare nel buio, sempre più minacciata dagli eventi; così come il gigante che la perseguita, forse un poco sopra le righe con la sua violenza debordante e ottusa, è interprete ideale della mostruosità del nazismo.

Il romanzo è ambientato a Praga, che ci viene presentata come bellissima, misteriosa, ma anche cupa come il periodo storico che sta vivendo; una città in bilico, in attesa, divisa fra il desiderio di normalità e l’orrore che si profila all’orizzonte.

L’autore dimostra un’ottima conoscenza degli avvenimenti e del contesto politico e culturale dell’epoca, frutto di un lavoro di ricerca scrupoloso e ineccepibile, che permette un’ambientazione realistica senza appesantimenti didascalici o saggistici.

La scrittura è accurata e sicura, semplice e nello stesso tempo efficace; lo stile è fluido e piacevolmente scorrevole; ma è anche una scrittura emotiva, che sa raccontare gli stati dell’anima senza mai diventare sentimentale, con una sensibilità che oserei definire quasi femminile.

Un bell’affresco storico dal valore civile, un romanzo che consiglio agli amanti del genere e a tutti coloro che cercano una storia capace di raccontare la realtà più tragica, senza perdere fino in fondo almeno un filo di speranza.